Pubblicato il 2 Febbraio, 2022 da Alessio Mascagna
PSR, cosa sono, come funzionano e cosa proporranno
Indice argomenti
Che cos’è un programma di sviluppo rurale (PSR)?
Un programma di sviluppo rurale (PSR) è uno strumento di intervento e un meccanismo di finanziamento cui ricorrono gli Stati membri dell’UE per attuare la politica di sviluppo rurale in un dato territorio.
Ciascun PSR definisce le azioni prioritarie e gli stanziamenti di bilancio per una specifica area geografica.
Il PSR può interessare un intero paese o una singola regione.
I PSR operativi nell’UE nel periodo 2014-2020 sono stati 118.
Venti Stati membri hanno adottato un programma nazionale, mentre otto Stati membri hanno optato per due o più programmi (regionali):
- Belgio – 2
- Finlandia – 2
- Francia – 30
- Germania – 15
- Italia – 23
- Portogallo – 3
- Spagna – 19
- Regno Unito – 4
Ogni PSR dispone di un bilancio a titolo del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) per assistere l’Autorità di gestione del PSR a finanziare azioni connesse alle priorità individuate.
Volendo schematizzare le gerarchie si potrebbe sintetizzare così:
- Strategia Europa 2020, colei che definisce gli obiettivi generali e specifici dell’UE;
- Il Quadro Strategico Comune (QSC) traduce le Strategia UE2020 in obiettivi tematici comuni, istituendo Fondi Economici (tra cui FEASR,FESR, FSE, Fondo di Coesione, FEAMP);
- Contratto di partenariato, a livello nazionale, inquadra l’utilizzo dei Fondi al fine di perseguire gli obiettivi della Strategie UE2020;
- Il FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale), uno dei fondi del QSC, è amministrato dall’Autorità di Gestione, a livello nazionale e regionale, con i PSR, al fine di applicare i 6 pilastri identificati dalla Politica Agricola Comune (PAC).
Leggi anche: I fondi per il settore agroalimentare dal PNRR
Quali sono gli obiettivi della politica di sviluppo rurale
Le zone rurali sono sottoposte a sfide, ma anche ad opportunità.
Questo significa che c’è bisogno sia di aiuti reali nel sorpassare difficoltà, spesso oggettive, vedi la recente pandemia, ma anche, e soprattutto di programmi di sviluppo, di facilitare e promuovere l’innovazione e l’efficienza, per questo gli stati membri hanno elaborato una politica di sviluppo rurale che vuole “contribuire allo sviluppo di un settore agricolo dell’Unione caratterizzato da un maggiore equilibrio territoriale e ambientale, nonché più rispettoso del clima, resiliente, competitivo e innovativo. Tale politica contribuisce, altresì, allo sviluppo dei territori rurali”.
La politica di sviluppo rurale costituisce il “secondo pilastro” della Politica agricola comune (PAC) dell’UE e integra il sistema dei pagamenti diretti agli agricoltori e le misure di gestione dei mercati agricoli (ossia il “primo pilastro” del PAC).
La politica di sviluppo rurale dell’UE ha definito sei grandi pilastri:
- Promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali;
- Potenziare in tutte le regioni la redditività delle aziende agricole e la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forme e promuovere tecnologie innovative per le aziende agricole e la gestione sostenibile delle foreste;
- Promuovere l’organizzazione della filiera alimentare, comprese la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli, il benessere degli animali e la gestione del rischio nel settore agricolo;
- Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi connessi all’agricoltura e alla silvicoltura;
- Incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale;
- Adoperarsi per l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo economico nelle zone rurali.
I PSR quindi definiscono le azioni prioritarie e le dotazioni di bilancio per la rispettiva area geografica.
Così facendo, la politica europea mira a sostenere le azioni di sviluppo rurale degli stati membri predisposte a livello nazionale, regionale e locale.
“Uno dei principali punti di forza del nostro concetto di sviluppo rurale risiede nel fatto che abbiamo definito priorità essenziali, ma che spetta ai singoli Stati membri o regioni elaborare un programma che sia rispondente alle sfide e alle opportunità della propria realtà.”
Phil Hogan, Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.
Le autorità di gestione dei PSR
L’attuazione di ciascun programma di sviluppo rurale (PSR) è assicurata da un’entità pubblica che funge da Autorità di gestione del programma (AG).
Di norma, un’Autorità di gestione è un ente statale nazionale o regionale responsabile degli aspetti economici, sociali e ambientali in materia di agricoltura e sviluppo rurale.
Le competenze dell’Autorità di gestione sono:
- definire il contenuto del PSR. Questo processo implica la consultazione e la compartecipazione delle organizzazioni economiche, sociali e ambientali del settore pubblico, privato e del volontariato che intervengono sul territorio oggetto del PSR;
- presiedere un “comitato di monitoraggio”, composto dai rappresentanti dei gruppi di interesse, incaricato di supervisionare l’attuazione di un PSR per tutto il ciclo di vita di quest’ultimo;
- assicurare che i processi di finanziamento del PSR siano conformi alle norme e ai regolamenti dell’Unione;
- monitorare i risultati del PSR e realizzare una valutazione in itinere per orientarne l’attività;
- realizzare attività di comunicazione per pubblicizzare le finalità del PSR, le relative procedure per la richiesta di finanziamento e i progressi raggiunti rispetto agli obiettivi prefissati;
- fungere da interfaccia con la Direzione generale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione Europea.
La strategia Post-2020, cosa aspettarsi nel prossimo futuro?
La risposta si trova all’interno del PAC 2023-2027, che è stato presentato lo scorso 31 Dicembre ed è al momento al vaglio della Commissione europea, che dovrà approvarlo o meno entro il 30 giugno 2022.
Il piano sarà operativo dal primo gennaio 2023 e prevede circa 30 miliardi di euro l’anno di risorse comunitarie.
La strategia vede nella sostenibilità e nella inclusività le leve principali per aumentare la competitività nei vari settori e territori, nel prossimo futuro.
Il Piano parte dalla necessità di promuovere un nuovo corso dove sostenibilità e inclusività siano parole chiave.
L’Italia ha intrapreso un percorso volto a rendere le politiche agricole, alimentari e forestali orientate e integrate tra loro, in modo da interpretare in chiave innovativa, ecologica e inclusiva le principali misure adottate.
Le sfide rappresentate dagli ambiziosi obiettivi UE sul fronte ambientale (Green Deal, Farm to Fork, Strategia europea sulla Biodiversità, Quadro europeo per il clima) sono senza dubbio tra le più impegnative da affrontare per il settore agroalimentare europeo e hanno inevitabilmente guidato le scelte che caratterizzano il Piano Strategico.
Una parte del PAC2023-2027 è dedicata ai cosiddetti Eco-Schemi, uno degli interventi con finalità ambientali più in evidenza (gli altri sono interventi agro-climatici-ambientali, interventi forestali, investimenti per la sostenibilità ambientale, indennità Natura 2000 e Direttiva acque), che riceveranno il 25% degli aiuti, e possono essere schematizzati così:
- Pagamento per il benessere animale e la riduzione degli antibiotici – ECO 1
- Inerbimento delle colture arboree – ECO 2
- Salvaguardia olivi di particolare valore paesaggistico, a cui sono ammissibili tutte le superfici olivetate di particolare valore paesaggistico e storico – ECO 3
- Sistemi foraggeri estensivi – ECO 4
- Misure specifiche per gli impollinatori – ECO 5
La spinta al ricambio generazionale
Tra le varie misure presenti nel PAC2023-2027 c’è un passaggio importante dedicato ai giovani imprenditori agricoli, che punta ad incentivare il ricambio generazionale.
L’accesso dei giovani all’agricoltura è più basso rispetto ad altri settori dell’economia rendendo il ricambio generazionale particolarmente lento e difficile.
Il problema riguarda l’intera Unione, ma è più rilevante nel nostro Paese: se nel 2010 in Italia vi erano 8 giovani agricoltori ogni 100 anziani (contro i 14 nell’UE-27), nel 2016 il rapporto giovani-anziani è sceso a 6 su 100 (9 su 100 nell’UE-27).
Il Piano prevede di potenziare le politiche in favore dei giovani, integrando gli strumenti del primo e del secondo pilastro PAC, in modo da mobilitare complessivamente 1.250 milioni di euro in 5 anni.
Favorire il ricambio generazionale è stato considerato un investimento necessario per assicurare un futuro a un settore strategico come quello agroalimentare; i giovani imprenditori agricoli sono infatti più recettivi all’innovazione e alla digitalizzazione, quindi più pronti ad affrontare le nuove sfide della competitività e della resilienza del settore agricolo.
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